Page 53 - Legno4.0 - N°14
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memoria degli anziani, che nel monosillabo as- sommava le iniziali dei tre paesini serviti dalla linea oggi scomparsa.
Ogni stazione del treno che si rispetti ha il suo bar, ma non è vero il contrario...oppure sì? La ragazza decide di dar carattere al locale con un marchio che evochi la ferrovia di 100 anni fa, nel lettering e nella parte di strada ferrata composta da binario e traversine.
La parte interna viene arredata con sedute e tavoli realizzati con pallet e botti comprate da un locale di Ovaro, in Carnia, che le dismetteva per cambio gestione (realizzate a suo tempo da Avanguardia). “Sì, il legno mi piace, scalda l’atmosfera e stimola sete e appetito – si è detta Maria Mareschi, inten- zionata a rimarcare la tipica funzione friulana del bar come luogo di socialità a 360 gradi – ma vorrei un forte richiamo alla ferrovia.”
La necessità è quella di arredare un plateatico esterno, verandato e trasparente, che trasmetta da solo il convivio del locale, mentre i clienti con- sumano e parlano, ma anche l’identità del luogo. “Il logo da solo era un buon punto di partenza ma non sufficiente – spiega l’architetto Giuseppe Pa- dovani di Avanguardia Impresa Sociale srl di Vero- na, incaricata del progetto – Serviva un insieme di elementi che evocassero il treno e il suo mondo ma senza rappresentarlo.”
Così Padovani, di cognome ma veronese di nascita e cultura, accede ai magazzini di Rete Ferroviaria Italiana che conservano a Verona, capitale della logistica italiana anche ferroviaria, stock di traver- sine in rovere non ancora utilizzate e quindi non trattate, subito pronte per un progetto.
“Da sola, una traversina non parla di ferrovia – precisa l’architetto Padovani – in un progetto di upcycling recuperare significa dare nuovi significa- ti e funzioni. Il legno di rovere superstagionato di- venta seduta e punto d’appoggio, cioè tavolo come anche seduta e panca, ma per evocare la ferrovia non basta”.
I bordi e il retro degli arredi pitturati di nero fungo- no da cornici ottiche per alleggerire il peso visivo ed esaltare il legno e le sue venature, adeguata- mente stuccato nelle fessure, levigato, stabilizzato con olio di lino cotto dato a mano così da rendere le superfici sicure e lavabili.
Nascono così 7 tavoli da 75 cm, altri 4 da 105 cm, 15 sgabelli, 7 sedie e 4 panche lunghe: solo queste ultime sfruttano le traversine intere e per render- le spostabili agevolmente vengono dotate di slitte metalliche. I bordi di tavoli e la struttura delle se- dute più piccole, come anche i punti d’appoggio degli sgabelli, sono in metallo a sezione squadrata per ricordare il ferro dei binari.
“Mancava un’insegna per annunciare il locale da suoi ‘finestrini, cioè il suo dehors – conclude Pado- vani – Ho recuperato una vecchia seduta da una carrozza di terza classe e l’ho restaurata dandole la funzione sia di seduta sia di totem, col marchio del locale sullo schienale. Ma attenzione: nel tipico bar friulano non esistono classi, né d’età né di censo, né esiste una sola funzione: si va per bere, per rilas- sarsi, per incontrare gli amici, per parlare di lavoro: come nelle carrozze di un treno pendolare, non ci sono differenze.”
Un progetto di upcycling artigianale e su misura, dunque? No, è un concept ripetibile: dopo Udine, sono stati realizzati 8 tavoli per un locale di Vero- na, anch’essi ispirati ad un nuovo razionalismo stile anni ’30, ma d’impronta sostenibile.
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