Page 12 - Legno 4.0 - Numero 2
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 Le cause della deforestazione sono complesse, interconnesse e variabili a seconda delle realtà geografiche di riferimento. In linea di massima sono comunemente addebitabili alla necessità di creare nuovi ambiti produttivi per l’agricoltura e l’allevamento industriale o di sussistenza, a nuovi insediamenti minerari ed estrattivi, alla realizzazione di infrastrutture e all’eccessivo sfruttamento, spesso illegale, di legname da opera o di legna da ardere. I tagli indiscriminati (illegal logging) rientrano tra i cosiddetti “Forest crimes” che comprendono il contrabbando di legno, la distruzione di aree forestali e il traffico di componenti non legnosi degli ecosistemi forestali. La motivazione principale del disboscamento illegale è il profitto. Il legno illegale è un bene assimilabile
a narcotici, armi, veicoli e il suo commercio è regolato dal principio economico dell’offerta e della richiesta. In sostanza un aumento della domanda di specifici prodotti in legno può condurre direttamente a un aumento del disboscamento illegale che si attua attraverso una serie di sofisticate forme di impresa e di pratiche fraudolente. La raccolta, il trasporto, il trattamento e il commercio di legno illegale necessitano di un’organizzazione criminale, in molti casi di livello transnazionale in quanto
il legname può essere trasportato attraverso vari Paesi prima di raggiungere la sua destinazione finale. I profitti realizzati possono essere investiti in paradisi fiscali o riciclati
in altre attività legali o illegali. Ovviamente, più numerosi sono gli scambi commerciali di
una determinata partita di legno, più difficile risulta rintracciarne l’origine e più facile risulta sfruttare la mancanza di armonizzazione tra
le diverse legislazioni nazionali applicabili
nei Paesi interessati da tali traffici. Le gravi conseguenze di tali attività non si traducono soltanto in un pericoloso decremento delle risorse forestali d’origine naturale, ma alterano pesantemente gli equilibri socio–economici delle nazioni più afflitte da deforestazione clandestina e finiscono per turbare i mercati dei Paesi recettori di legno illegale. Di norma
i fenomeni più rilevanti sono concentrati in aree del mondo dove, da un lato abbondano le foreste, e dall’altro persistono condizioni
di povertà, di instabilità sociale e politica, di insufficiente controllo territoriale, di conflitti e
     di presenza di criminalità organizzata e gruppi eversivi paramilitari che sfruttano le risorse ambientali per contribuire al finanziamento delle proprie attività. Pertanto, le aree più
a rischio coincidono con le zone tropicali dell’Africa, dell’Asia e dell’America latina, anche se alcune zone della Federazione Russa e dei Balcani, nonché di altri Paesi europei, non sono esenti dal problema.
L’evidenza dell’enorme impatto dell’illegal logging salta agli occhi comparando le stime disponibili del controvalore finanziario ad esso connesso con quelle relative agli altri crimini ambientali. Ovviamente ci si riferisce a stime molto approssimative, data la mancanza
di vere statistiche in materia dovute alla sottesa illegalità dei fenomeni analizzati. Ciononostante, è molto illuminante il quadro
fornito dall’UNEP che pone il traffico di legno illegale al primo posto (con un valore minimo di 30 e un massimo di 100 miliardi di dollari all’anno) della sciagurata classifica in cui figurano, subito dopo, in ordine decrescente d’importanza, l’estrazione e il commercio illegale di minerali (da 12 a 48 MLD $), la pesca illecita (da 11 a 30 MLD $), il contrabbando
di specie protette (da 7 a 23 MLD $) e il
traffico di rifiuti (da 10 a 12 MLD $). Si tratta quindi di numeri impressionanti che, data
la concentrazione del fenomeno nelle aree tropicali (prevalentemente bacino amazzonico, Africa Centrale e sud-est asiatico), riconducono alla triste realtà che, in quelle zone, la quota
di legno illegale può plausibilmente essere stimata pari tra il 50-90% dell’intera produzione locale. Invece, a livello globale, sempre
basandosi sul controvalore suindicato, la
quota di legno illegale immesso sul mercato oscillerebbe fra il 10 e il 30% del totale mondiale, ossia a circa 330 miliardi di dollari. In base a una semplice analisi effettuata incrociando le suddette stime con le statistiche ufficiali del commercio internazionale, è possibile ipotizzare che Paesi occidentali, grandi consumatori di legno e derivati, quali quelli europei e gli Stati Uniti importino mediamente ogni anno dai 3 ai 10 milioni di tonnellate di legno illegale di provenienza tropicale. A complicare ulteriormente il quadro contribuisce il fatto che la gran parte di queste importazioni riguarda non tanto legno grezzo
o manufatti in cui il materiale di base risulta ancora riconoscibile, quanto piuttosto prodotti come la pasta di legno e la carta per i quali
   












































































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